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Resilienza: come rafforzarla?

Resistere, resistere, resistere dice un famoso adagio dell’epoca di Tangentopoli. La resilienza in fondo è una lezione di vita, un modo di affrontarla che è l’esatto contrario del fatalismo, del “tiriamo a campare”; perché comporta un atteggiamento attivo da parte di una persona, oltre alla capacità intrinseca di resistere alle avversità.

Di per sé quindi il concetto è tutt’altro che nuovo, salvo il fatto che può essere affrontato con un taglio più tecnico-scientifico per capirne meglio i risvolti, le varie declinazioni e la possibilità di rafforzarla.

La resilienza

Tanto per usare un’altra immagine, si potrebbe pure dire “mi piego ma non mi spezzo”: per non darla vinta a qualcun altro che una settantina di anni fa era convinto che invece era meglio spezzarsi che piegarsi. E invece no: in questo caso, come i metalli, la psiche umana dovrebbe preferire adattarsi, piuttosto che rompersi.

Ma sempre utilizzando strumenti e atteggiamenti attivi, capendo quali sono i veri problemi, valutando la loro entità e reagendo ad essi nella maniera più razionale possibile, il che molto spesso, peraltro, non è facile.

Perché la nostra mente è fatta di tante cose, di una miriade di situazioni, alcune palesi, alcune occulte: una vera e propria matassa difficile da districare, specialmente quando si è completamente soli, e si decide e si ha la presunzione di fare tutto da soli.

In verità, anche nel caso della resilienza, vale a dire la capacità di reagire alle avversità, oltre alla nostra forza c’è bisogno di uno spunto e di un orientamento esterno, che può essere dato dalla lettura di un libro sulla materia, oppure, più validamente, dalla consulenza di uno psicologo o uno psicoterapeuta, comunque sia da un esperto della materia.

Ma torniamo alla definizione, o alle definizioni del termine resilienza. Possiamo approssimarci molto al concetto, richiamando il significato originale del termine, che è termine molto scientifico perché attinente alla proprietà che hanno alcuni metalli di conservare la propria struttura o di riacquistare la forma originaria, dopo essere stati sottoposti a schiacciamento o deformazione.

Ecco che, traslando questa condizione fisica dei metalli in un concetto di natura psicologica, arriviamo speditamente a considerare questa condizione umana come la capacità degli esseri umani di far fronte agli eventi stressanti o traumatici e di riorganizzare in maniera positiva la propria vita dinnanzi alle difficoltà.

Difficoltà ed esperienza

Come si vede, il concetto è in realtà assorbente, totalizzante, dal momento che riguarda, in misura minore o maggiore, tutti noi, e i più vari aspetti della vita. Sarebbe peraltro riduttivo considerare la resilienza come la capacità o possibilità di respingere le avversità, come un muro di gomma.

Come quando si dice, con espressione gergale, “Mi rimbalza”. L’avversità o la condizione di difficoltà che rimbalza e basta qualche volta sparisce da sé, ma sovente si ripresenta in maniera subdola, o ancora vistosamente amplificata, tale che una seconda o una terza volta è più difficile affrontarla. Quindi la persona, uomo o donna che sia, deve predisporre gli strumenti affinché ne esca nel migliore dei modi.

In questa maniera le situazioni o condizioni negative vengono volte al positivo, cogliendone gli aspetti “di insegnamento” e avendo la capacità di sfruttare l’esperienza per affrontare meglio, nel corso della vita, altre negatività.

Tutto ciò nell’ambito di un rafforzamento, di un irrobustimento del proprio atteggiamento mentale, e in generale della propria psiche. Fino al punto, se ci si riesce, di costruire una sorta di corazza, intesa però non come strumento passivo, ma come usbergo col quale riprendere il cammino complicato dell’esistenza con maggiore sicurezza, volontà e soprattutto positività.

La resilienza e la società

Purtroppo, specialmente nel nostro Paese, a causa di una mentalità e una cultura di tipo lassista, a volte del tutto fatalista, non è facile creare le condizioni per usare appieno la resilienza, ammesso che già ne esista una certa percentuale in una determinata persona. Questo è un fatto culturale, ultra millenario, che dovremmo cercare di debellare per porci correttamente di fronte alla problematica.

Peraltro, come noto, esistono individui per i quali le avversità, invece che deprimerli, sono un forte stimolo per dare nuovo slancio alla propria esistenza, nel quadro di un atteggiamento fortemente ottimistico: sono quelle persone che tendono a muoversi e a ragionare, sapendo che le contrarietà sono un’opportunità per cominciare o ricominciare un nuovo percorso e magari raggiungere mete ancora più ambiziose e importanti.

Questi individui sono generalmente caratterizzati da creatività, da capacità di lavorare in gruppo e di relazionarsi costantemente e positivamente con l’ambiente esterno.

Il dinamismo della resilienza

La resilienza in realtà è una funzione psichica tutt’altro che statica, è un concetto mobile, dinamico e per ciò stesso plasmabile, anche in funzione dell’età e delle esperienze avute.

Per Susanna Kobasa, nota psicologa dell’Università di Chicago, coloro che riescono meglio a fronteggiare le avversità dell’esistenza, vale a dire quelle più resilienti, hanno al contempo questi tre tratti della personalità: L’impegno, il controllo, il gusto per le sfide.

Resilienza, come rafforzarla?

Proprio in base a questa disamina della dottoressa Kobasa, in primis c’è bisogno di:

Impegno. Intendendo come tale la tendenza a lasciarsi coinvolgere nelle attività. Non bisogna farsi spaventare dalla fatica, non bisogna deprimersi, si deve restare attenti e vigili in base ad una valutazione quanto più possibile razionale delle situazioni; e soprattutto si devono avere degli obiettivi chiari da raggiungere.

Controllo. Si deve avere coscienza di poter dominare le situazioni, senza farsi trascinare da essi. Bisogna dominarli e non esserne dominati. In questo caso, è fondamentale scegliere le tempistiche giuste: se sia cioè più corretto intervenire con tempestività, oppure prendendo tempo per intervenire in un secondo momento. In altri termini, razionalità.

Il gusto per le sfide. Per questo è importante la predisposizione ad accettare i cambiamenti. In questo contesto, l’ottimismo si manifesta in una visione positiva delle trasformazioni. In base ad un adagio latino, saggio quanto logico, variati delectat, vale a dire il cambiamento piace. La sfida viene quindi considerata non un salto negativo verso l’ignoto, ma uno stimolo verso nuovi obbiettivi.

In buona sostanza, la resilienza è un contenitore aperto, dove si trovano comportamenti, pensieri e azioni che possono essere appresi e affrontati da chiunque.

Ed è soprattutto importante rimarcare il fatto che aumentare il tasso di resilienza di ognuno di noi, non vuol dire necessariamente aumentare i livelli di stress, con tutto quello che ne consegue. Piuttosto vuol dire essere disposti al cambiamento e sapere quali sono i termini per affrontarlo nella maniera migliore. Anche in questi casi, l’ausilio di uno psicologo o di uno psicoterapeuta, come già accennato, potrebbe essere fondamentale.