La famiglia, nel tempo, ha assunto forme e dinamiche sempre più complesse, rispecchiando la società che cambiava e si evolveva a livello culturale e non solo.
Se un tempo il modello di famiglia era quello di una coppia eterosessuale sposata con figli, oggi esistono nuclei familiari ricostituiti, unioni civili, convivenze di fatto e genitori single e questo cambiamento sociale ha richiesto alla legislazione un adeguamento delle norme, spesso avvenuto in maniera lenta e frammentaria, ma necessaria per garantire diritti e tutele a tutti.
Negli ultimi anni in Italia, sono state introdotte o discusse diverse riforme in materia di diritto di famiglia, molte delle quali si muovono nella direzione di semplificare le procedure, tutelare i minori e riconoscere anche le nuove forme di famiglia. Le modifiche normative mirano a superare modelli rigidi, ad armonizzare le leggi con le direttive europee e a tenere conto delle realtà quotidiane.
Le principali riforme degli ultimi anni
Il diritto di famiglia ha subito un importante aggiornamento con la riforma Cartabia, entrata in vigore nel 2023, che ha cambiato in modo profondo le modalità con cui si gestiscono separazioni, divorzi e controversie relative ai figli.
L’obiettivo centrale della riforma è la semplificazione del processo civile, con una particolare attenzione alle cause familiari e la novità principale, è l’introduzione di un rito unico per tutte le controversie che coinvolgono i rapporti familiari: un cambiamento che accelera i tempi processuali, riduce i costi e mette al centro il benessere del minore.
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Un altro aspetto innovativo è la maggiore responsabilizzazione dei genitori, chiamati a collaborare attivamente nella stesura di un piano genitoriale condiviso e che include decisioni fondamentali sulla vita del figlio, come l’istruzione, la salute, le attività extrascolastiche, luoghi di frequentazione.
L’idea di fondo è che il conflitto tra adulti non debba mai ripercuotersi sui figli, e che entrambi i genitori debbano essere coinvolti nella crescita del minore anche dopo la separazione.
Prima della riforma, chi voleva separarsi e poi divorziare era costretto ad affrontare due distinti procedimenti, con lunghe attese e costi rilevanti ma con il nuovo sistema, separazione e divorzio possono essere richiesti in un unico atto introduttivo: ciò permette di trattare in maniera integrata tutti gli aspetti della crisi familiare, dal patrimonio all’affido, dai contributi economici alla casa coniugale.
Un’ulteriore innovazione riguarda la figura del curatore speciale del minore: quando vi siano situazioni di particolare conflittualità o rischio, il giudice può nominare un curatore che rappresenti il bambino in giudizio, garantendone la tutela indipendente da quella dei genitori; un approccio questo che sottolinea l’importanza crescente dei diritti dei minori come soggetti autonomi e non semplici “oggetti” del conflitto tra adulti.
La tutela del minore nei procedimenti familiari
Quando una coppia si separa, il soggetto più vulnerabile resta sempre il figlio: il legislatore ha cercato, negli anni, di rafforzare la tutela dei minori, inserendo obblighi di ascolto diretto nei procedimenti giudiziari. Se il bambino ha più di dodici anni, o è comunque in grado di esprimere un’opinione, il giudice deve ascoltarlo prima di decidere.
Questa pratica, che una volta era opzionale, è diventata nel tempo un elemento centrale delle cause familiari. Il figlio non è più considerato un soggetto passivo, ma una persona capace di partecipare attivamente al proprio destino. Naturalmente, l’ascolto avviene con modalità adeguate all’età, spesso con l’ausilio di psicologi o mediatori familiari.
La mediazione familiare e i nuovi strumenti alternativi
In un’ottica di riduzione del conflitto, la riforma Cartabia e altri interventi recenti puntano quindi ad incentivare l’uso di strumenti alternativi alla causa giudiziaria, come la mediazione familiare: si tratta di un percorso volontario, condotto da professionisti, che aiuta le coppie in crisi a trovare un accordo condiviso sulle questioni più delicate: affido, mantenimento, tempi di visita, divisione dei beni.
In questo contesto, viene posta particolare attenzione anche alla gestione concreta delle spese, distinguendo tra costi fissi — come il contributo mensile per il mantenimento — e spese straordinarie da suddividere tra i genitori. L’obiettivo è evitare ambiguità e tensioni future, stabilendo in anticipo chi si occupa di cosa: dalle rette scolastiche ai corsi sportivi, dalle spese mediche non coperte al vestiario.
Il genitore non collocatario, cioè quello che non vive stabilmente con il minore, può trovarsi a sostenere parte dei costi mensili in forma diretta o indiretta, in base a quanto concordato o stabilito dal giudice e questo approccio, mira a rendere più equa e trasparente la gestione della vita quotidiana del figlio, anche dopo la separazione.
Anche se non obbligatoria, la mediazione viene caldamente suggerita in tutti quei casi in cui il livello di conflitto non è insormontabile. Rispetto a un processo lungo e doloroso, la mediazione consente tempi più brevi, costi più contenuti e, soprattutto, un maggiore controllo sulle decisioni da parte della coppia.